La scelta del voto per l’ impiegato il personaggio

Repubblica — 11 maggio 2006   pagina 1   sezione: PALERMO

Cinque anni non bastano. Parola di Renzo Botindari, 45 anni, ingegnere, dipendente comunale…….. Più che convinto, si dice fiducioso. E quel che vede non lo delude. Per questo, assicura, «sceglierò il presidente uscente perché abbia la possibilità di completare quel che ha in cantiere». Gioca molta la professione e l’ esperienza nell’ orientare la scelta: «So che per un’ opera pubblica occorrono anni. Così chi arriva dopo fattura i risultati di chi lo ha preceduto». Parla con cognizione di causa lui che ha trascorso i 9 anni da dipendente di Palazzo delle Aquile al settore dell’ edilizia scolastica.
«Ero con Alessandra Siragusa, mi sono trovato bene. Certo il dichiarare come la pensi non ti aiuta, ma non posso neppure dire che mi abbia danneggiato troppo». Per il Comune ha diretto i lavori per la scuola Falcone in via Basile e ha partecipato al progetto per il recupero della struttura di via Sardegna, abbandonata e vandalizzata da 15 anni. ………. «Mi sento vicino alle posizioni della destra sociale». Per lui il centrosinistra è a corto di leadership. «Grande pulizia morale da quelle parti, ma non persone capaci di coagulare consensi. Hanno perso il contatto con la gente, con il marciapiede. Io questo lo vedo più nel centrodestra che a sinistra. Lo vedo più in Cuffaro che in altri. è una macchina da guerra, un grande catalizzatore di consensi. E la politica si fa con i voti. Inutile stare tanto a discutere. Dovrebbero poi spiegarmi perché quando ne prende tanti lui sono viziati e quando un candidato del centrosinistra sbanca nelle stesse borgate, allora quei voti sono buoni». La Borsellino: «Gran persona per bene ma non credo sia in grado di governare da sola la Regione. E se non lo fa da sola è finito il gioco. Sarebbe ancora più grave eleggere un presidente strumento di chi sta dietro le quinte». La questione morale pesa nulla. «Non mi basta quel che leggo sui giornali, non mi basta un’ accusa. Credo che non sia sufficiente un avviso di garanzia». Moderato sì, ma per nulla disponibile a farsi imbrigliare in un’ appartenenza sempre e comunque. «Voto l’ uomo, ho sempre fatto così. In passato ho anche votato Orlando. Lo rifarei, tanto secondo me è di destra». Infuriato per il sistema elettorale nazionale. «Sono disgustato dalle politiche. Lì non era possibile esprimere una preferenza, era già tutto deciso. E per converso non mi piacciono neppure i listini: l’ elezione assicurata è contro ogni regola di confronto con chi esprime il voto. Io voglio confrontarmi sui programmi, sulle storie e sulle persone, fermo restando che la politica devono farla i politici, non i professori». Gran consumatore di dibattiti e tribune elettorali segue il confronto «con disincanto». «Diciamo che sono un bastian contrario e poi la classificazione centrodestra – centrosinistra è abbastanza fuorviante se si tratta di scegliere tra un Berlusconi e un Prodi. Lui poi mi promette la felicità. Ma che c’ entra la felicità? Quella me la vado a cercare per i fatti miei». A sentirlo, molto delle opinioni vengono dalle esperienze scolastiche: «Stavo al terzo scientifico, lo chiamavano lo sciarriodromo. Fascisti e comunisti a darsele di santa ragione». Lui cattolico, sportivo, mezzofondista di buon livello, stava a guardare. E a correre. «Ma non con la corazzata del Cus, ma con l’ allora più modesta Montuori». Ultimo di 4 figli con il papà impiegato che morì quando lui aveva 12 anni, scelse ingegneria pensando alla libera professione. Qua e là un concorso per tentare comunque la roulette dell’ impiego stabile. A bottega da un professionista affermato, un buon carnet di lavori, incarichi per il Piano di segnaletica turistica, poi il divorzio e la stagione nel settore dell’ impiantistica sportiva e nella formazione professionale. In quel periodo conosce tra gli altri Totò Cianciolo, segretario provinciale Udc. «Ma no, non sono mai stato un Dc organico. E Cuffaro l’ ho conosciuto nei miei anni giovanili. Non gli ho mai chiesto nulla e non ho avuto nulla. Capisco però che alla fine questa terra esprima una grande voglia di centro, tuttavia mi attendo un grande sforzo di modernizzazione che chiuda la stagione del precariato e introduca una vera meritocrazia nella pubblica amministrazione». Uno di quei concorsi dimenticati si sblocca negli anni della Primavera di Orlando e anche per lui arriva il posto fisso. «Con 9 anni di anzianità porto via 1300 euro al mese. «Mia moglie manco mi vede». Tiziana Caccamo, la consorte, lavora all’ Azienda turismo. «Sono lì da 19 anni, però» si affretta a precisare. Poi dichiara «piena identità di vedute con il marito». Lui, l’ ingegnere appassionato di viaggi, collezionista di automobiline, patito per l’ informatica, impegnato all’ ordine degli Ingegneri ha una ferita che brucia ancora. E stavolta si tratta della propria candidatura al consiglio dell’ organismo professionale. «Non ce l’ ho fatta per una manciata di voti, meglio non parlarne». All’ ordine l’ impegno continua. Si occupa delle parcelle dei colleghi. E anche guardando al mercato professionale riconferma la sua scelta: «Non potrei mai votare per chi propone il livellamento delle carriere nella pubblica amministrazione». Del resto si dice convinto che il marcio nel mondo degli appalti non sia strutturale: «Sul piano legislativo abbiamo fatto moltissimo. L’ attenzione è massima e bipartisan. Non accetto l’ idea che sia tutto un indistinto universo di mazzettari e corrotti». Si è dato una regola: «Niente incarichi, anche per evitare l’ imbarazzante situazione di controllore e controllato. Lavoro solo per il Comune. E grazie a Dio in famiglia siamo in due». – ENRICO BELLAVIA