Prendere Parola, si ma cu siemu?

“Prendere Parola”, personalmente è da circa venti anni che lo faccio. “Gridare?” Non mi appartiene, anzi tengo il mio tono di voce basso, molto basso per poter infastidire chi provoca. L’invito di un filosofo ad ispirarsi “al potere dei sensi di potere” lo trovo fantastico “c’è in ognuno un pizzico di desiderio di una dignità umana, in una integrità morale, di una libera esperienza dell’esistere ….. c’è in ognuno di noi un pizzico di compiacimento nel confondersi tra la massa anonima e nell’adagiarsi comodamente sul letto della vita inautentica …… la vita nella menzogna” (Havel). Ripartire da un filosofo per ricostruire le “regole del convivere” lo trovo Platonico e bello, ma mi viene sempre in mente una domanda: “Cu siemu?” (Chi siamo?)

La vita vista da dietro, dal sedile posteriore è diversa da quella di una prima fila occupata per privilegio, ma ti permette di constatare che i “culi” son sempre gli stessi, pronti un gattopardesco impulso di conservazione a preservare la propria presenza nei secoli ……….. ma io purtroppo voglio cambiamento, ecco perchè il mio lavoro, il mio scrivere, la mia presenza non starà mai accanto a chi ha già fatto molto, sbagliando ed e ora che lasci spazio al nuovo, anche a un nuovo che non mi veda coinvolto, se è il caso, basta che di nuovo si tratti. La preziosità del mio poco tempo si misura con la preziosità delle poche persone che avranno il mio tempo.