Bollettino 5 – Che ne sarà di Noi

Che ne sarà di noi? Come si è potuto creare tanto disinteresse attorno alla nostra categoria? E’ corretto avanzare pretese in periodo di crisi generale per il paese? Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire quali sono le giuste aspettative, come mai siamo arrivati fino a questo punto, ma soprattutto quali sono le speranze. Abbiamo richiesto da sempre il “ruolo unico” e lo continueremo a chiedere, anche se verrà chiamato in modi diversi, non perché ci crediamo “gli unti del signore”, ma perché a “rigor di logica” (e scusatemi, siamo tutti ingegneri e questa facoltà in noi non può mancare) quando operiamo da ingegneri, in un qualunque contesto, noi operiamo un lavoro intellettuale, creativo e quasi sempre di grande responsabilità, “nel tempo”.

Questo termine, “nel tempo”, fa si che la nostra attività e quella di qualunque figura professionale posta nelle stesse condizioni di operare, è di per se specifica, di chi opera utilizzando una “abilitazione professionale” (sempre richiesta all’atto dei concorsi e poi dimentica dai datori di lavoro) e palesemente diversa da coloro che svolgono una normale attività burocratica che si chiude giornalmente con l’operazione svolta. Quindi le normali classificazioni in D3, D4 etc. o le vecchie VIII q.f. non possono essere facilmente applicate al contesto degli ingegneri professionisti dipendenti, per costoro occorrono carriere separate ed inoltre ormai è da più parti assodato, l’inquadramento d’ingresso di queste categorie, nel pubblico impiego, dovrebbe coincidere con il primo livello della dirigenza (non esistendo in alcuni contesti il ruolo di “quadri”). Fin qui le nostre giuste aspettative, ma vediamo come si è giunti con “la filosofia del gambero” fino a questo punto. Sul nostro banco d’accusa ci sono in primo luogo i sindacati, certamente i politici, ma soprattutto noi con il nostro tradizionale atteggiamento. Le politiche sindacali, ormai in evidente crisi e speriamo in cuor nostro, in estinzione, hanno portato come spesso detto all’appiattimento delle carriere, alla tutela dei grandi numeri ed al premio per le masse e non per la vera produttività o per le responsabilità. In una pubblica amministrazione dove non esiste il “padrone”, dove questo ruolo è ricoperto da un dipendente che ha fatto una “fortunata carriera” (poiché guardando al passato ed all’influenza che la politica della prima repubblica e non solo di questa, aveva nel favorire brillanti ascese gerarchiche), l’unica cosa che conta in un tavolo delle trattative è garantire i privilegi già acquisiti, predisporre a quel tavolo i principi per una nascita di qualche brillante carriera, in sostituzione del “burosauro di turno” che per raggiunti limiti di età, dovrà lasciare, ed accontentare le masse con uno scorrimento orizzontale o verticale di carriera. Tra quelle masse ci sono anche gli ingegneri a braccetto con il dipendente generico dormiente. Paradosso dei paradossi, uno non dorme la notte perché si porta i “pensieri dell’ufficio” a casa, l’altro è così sereno che trova la forza di addormentarsi pure in ufficio, però entrambi faranno lo stesso scorrimento orizzontale, distinto da qualche spicciolo, venuto fuori dallo scrupolo di evitare di farla troppo grossa!!!

Così si sono perpetrati errori su errori, importando processi di meritocrazia apparente, volti a spostare pochi “spiccioli” in sistemi di “obiettivi” spesso stabiliti dal basso per fare in modo che questi comunque vengano sempre raggiunti. Processi di mobilità del personale, grande conquista per il mondo del lavoro, mal gestiti, calati in contesti aziendali poco regolamentati in materia, hanno creato “guerre tra poveri” tra questi soggetti e l’ambiente d’arrivo, sconvolgendo qualunque parametro di fidelizzazione aziendale, sconvolgendo gerarchie in funzione di “pseudo livelli” acquisiti in piccole realtà e trasportati in “valore assoluto” in grandi organizzazioni lavorative, dove il far carriera rimane compito ben più arduo. Ed in tutto questo marasma di “buoni intenti” chi penserà a questi “poveri professionisti dipendenti”, poveri sul vero senso della parola, poiché gli stipendi di questa categoria professionale intellettuale hanno raggiunto livelli di povertà, nella massificazione, come già detto, portata avanti dai sindacati che stravedono solo per “l’operaio” ed il “lavoratore della fabbrica”.

Chi pensa a far capire ai vertici sindacali, spesso costituiti da gente prevalentemente non laureata, che “un laureato abilitato non è un lavoratore come tutti gli altri, poiché firma e rimane legato, legalmente alle sorti di procedimenti da un punto di vista professionale? ”  Chi farà capire a costoro che è arrivato il momento di uscire dall’equivoco ed intendere chiaramente cosa siamo, “sucainchiostro” ed allora le nostre retribuzioni legate a tutte quelle del mondo impiegatizio sono “giuste”, oppure “ingegneri professionisti dipendenti” ed allora occorrerà rivedere stipendi e parametri. Non sono contrattazioni che mettono in ballo aumenti di €. 50,00 lordi annui a fare giustizia, prima rapportiamo gli stipendi a quelli erogati per altre categorie professionali nella pubblica amministrazione quali i medici, ad esempio, e poi torneremo a parlare anche di adeguamenti salariali. Chi farà capire a costoro che esiste la necessità imprescindibile di un ruolo unico dove concentrare queste figure tecniche responsabilizzate?

Ma certamente “la politica”, e che ci vuole a fare una leggina, un piccolo emendamento in fondo ad una legge finanziaria o che so .. Le “urne elettorali” hanno ormai dato i loro responsi, ma non nel nostro caso non abbiamo neanche avuto la necessità di aspettare i risultati, è bastato seguire i vari dibattiti politici di questa estenuante campagna elettorale ed è bastato leggere i programmi delle forze politiche in ballo, per rendersi conto che per noi non ci sarebbe stato nessun barlume di speranza. Voi leggerete questo articolo quando ormai saranno in carica, mi auguro, un governo nazionale ed un governo per la nostra regione, ma nelle tematiche politiche presentate agli elettori la nostra categoria intellettuale, non esiste. Uno schieramento politico è stato pronto in questi mesi a parlare di produttività, di riduzione dei costi, di profitto per le aziende private e si è deciso di trattare il lavoro dipendente soltanto nel momento in cui si è parlato di detassazione degli “straordinari” (abbiamo scoperto solo adesso che ciò sarà applicato all’impiego privato) o delle “tredicesime”, per aver maggior denaro da spendere sotto Natale, fare acquisti e quindi aumentare il profitto degli imprenditori. Dall’altra parte, si è portato avanti l’emergenza dei precari nel mondo del lavoro e si è focalizzato come sempre l’ottica sulla  classe operaia e sulle attenzioni sociali da porre verso essa. Bene, personalmente ho avuto l’impressione che si è guardato agli estremi di questa forbice, ma nessuno ha posto l’ottica al centro, questa classe media costituita dai “pseudo quadri” o da (nel nostro caso) ingegneri inseriti nelle amministrazioni pubbliche o private che rappresentano il motore intellettuale e ricoprono ruoli di grande responsabilità.

Oggi tutto il mondo politico parla di metter mano ad una riforma qualitativa della Pubblica Amministrazione, e tutto il mondo politico si riempie la bocca di frasi quali “dobbiamo combattere i fannulloni” questa nuova categoria scoperta da poco, ma non esaminata a pieno, poiché dopo qualche secondo si scoprirebbe che questa categoria, dove esiste, è il frutto del malcostume creato proprio dalla classe politica con la sua dissennata azione di stabilizzazione del precariato (un buon serbatoio di voti e di tessere sindacali), che ha portato all’impoverimento delle casse che ha finito per assorbire tutte le risorse, e che in molti casi hanno messo in ginocchio enti locali ed hanno sempre mortificato le ambizioni di carriera di coloro che da anni lavorano presso il pubblico, uccidendo le speranze delle generazioni che da qui a venti anni, stanno studiando e studieranno per quel agognato “pezzo di carta”!

Ci si ricorderà quando si metterà mano ai fannulloni che noi siamo una categoria impiegatizia entrata attraverso concorsi, nella maggior parte dei casi, per titoli e che il nostro titolo è una laurea ed una abilitazione in Ingegneria, corso di studi generalmente impegnativo?  Ed intanto ci si è riempita la bocca con frasi quali “dobbiamo combattere gli sprechi”, ma quali sarebbero? Certamente non quelli della rappresentanza e dei privilegi, delle missioni per pochi amici, o per gli amici degli amici. Ancora nell’immaginario collettivo si tende ad identificare il pubblico con poche isole felici, spesso riconducibili all’Amministrazione Regionale di questa terra, dimenticando il fatto che se ancora esistono queste poche isole felici, la stragrande maggioranza degli enti locali, fa i conti con la sopravvivenza e li c’è poco da tagliare nel processo produttivo. Oggi esistono realtà che non si possono permettere gli strumenti elementari per il lavoro, dove i colleghi utilizzano i propri mezzi per effettuare i sopralluoghi, per compiere rilievi e spesso portano con se il proprio computer portatile da casa, visto che i mezzi a disposizione di certi enti locali, non sono all’altezza delle mansioni e dei compiti affidati ai colleghi ingegneri.

Certo da qualche parte si sprecherà in abbondanza, anche la quota attribuita ai colleghi su menzionati, ma in una burocrazia che si rispetta il potere è distribuito in tante piccole caselle ed ognuno si difende la propria, e guai a parlare di programmazione ad ampio spettro, a concetti come “condividere le risorse”, distribuire le risorse umane in funzione delle necessità, anche temporaneamente, poiché anche il numero di risorse umane a disposizione di un “dirigente” rappresenta fonte di prestigio, tanto nessuno mai seriamente gli chiederà che cosa fanno tutte quelle unità, figuriamoci se in una riforma seria, il “dirigente” dovesse anche gestire un budget per provvedere agli stipendi dei propri dipendenti, in funzione dei risultati ottenuti e della monetizzazione di questi. Ma intanto, grandi pensatori, (sarebbe stato un lusso chiedere che tra questi ci fossero anche degli ingegneri professionisti dipendi e non “consulenti esterni), nel decennio degli anni novanta, grazie ad una serie di provvedimenti normativi “rivoluzionari” hanno trovato comodo, lasciare ed identificare nelle figure “abilitate” gli unici responsabili di ogni difetto dovuto alla eccessiva burocratizzazione od agli insuccessi provocati da macchine amministrative che non funzionano, con l’attribuzione di responsabilità anche penali ai già citati R.P. e successivamente ai R.U.P.. In tutto questo processo, sono state introdotte nel pubblico applicazioni privatistiche in procedimenti ancora borbonici ma soprattutto volte a gratificare le uniche figure funzionali al potere politico, i dirigenti, in grado di firmare e dar seguito o bloccare le deliberazioni.

Quello che spesso tutti dimenticano è il concetto che nel privato chi non fa il suo dovere, chi non raggiunge i suoi risultati può anche essere licenziato, ed a differenza di quanto si pensi, il più delle volte chi subisce tali provvedimenti è il dirigente e non l’operaio! Migliorare la pubblica amministrazione non prevede soltanto combattere i così detti “fannulloni”. La nostra categoria sta “male”, è disagiata, è mal pagata, ed è mal gratificata eppure ancora oggi, con spirito di responsabilità portiamo avanti “la carretta”, presi dal dovere, dimenticando spesso che ad un lavoro corrisponde un giusto guadagno. Questa è l’ottica del dipendente, ma la logica vessatoria al merito è analogamente applicata nell’operazione atta a far sparire le libere professioni. Ed allora, chi farà capire ai nostri interlocutori che il mondo del lavoro, per la nostra categoria è già abbondantemente cambiato da anni, visto il susseguirsi di normative tecniche, comunitarie, nazionali e regionali in materia? Ma certamente Noi colpevoli forse di più dei sindacati e del mondo politico. Se ciò fino ad oggi non è avvenuto, è colpa nostra, colpa di questa “lobby” che tutti vedono ma che noi che ci viviamo dentro sappiamo non esistere.

Noi non siamo presenti nella vita politica di questo paese, del nostro territorio, anche dai nostri condomini, rifuggendo a qualunque dovere rappresentativo. Noi non siamo come i medici e gli avvocati, per fare un esempio, da sempre avvezzi agli scranni parlamentari da dove hanno saputo difendere ed ottenere giusti riconoscimenti normativi per il loro impegno nelle pubbliche amministrazioni. Vi invito ad una finale riflessione, per le elezioni politiche, ormai da due tornate, non abbiamo espresso preferenze …. ma questa facoltà è rimasta intatta alle consultazioni comunali, alle provinciali ed alle regionali, e vi ricordo che essendo regione a statuto speciale, il nostro parlamento regionale legifera, ma vi siete mai presa la briga di vedere come sono composte queste assemblee e che mestieri sono prevalentemente presenti in questi contesti rappresentativi. L’attuale Presidente della Regione è un Medico ed è succeduto a sua volta ad un Medico. L’Assemblea Regionale, nella XIV Legislatura, tra i 90 deputati, contava 17 Avvocati, 12 Medici, 5 Dottori in Economia e Commercio, 4 Sindacalisti ed infine 2 Ingegneri liberi professionisti ed 1 Ingegnere dipendente. Il Presidente della Provincia uscente è un Avvocato. Al Consiglio Provinciale uscente la rappresentatività tra i 50 deputati era di 6 Avvocati, 8 Medici, 2 sindacalisti e nessun ingegnere. Fatto salvo un ingegnere dipendente assessore (per una parte della legislatura). Il Sindaco di Palermo è un Avvocato. Il Consiglio Comunale attuale conta tra i suoi 50 eletti, 6 Avvocati, 5 Medici, 4 sindacalisti e nessun ingegnere.

Noi, siamo assenti dal dibattito politico, prima che attraverso i nostri ordini professionali, personalmente. Siamo ancora lontani da altre categorie professionali da un punto di vista di rappresentatività e per riprendere il concetto portato avanti dal nostro presidente nazionale degli ingegneri, i nostri “stati maggiori” (intesi come ingegneri che occupano ruoli di vertice nella società), sono lontani dalla vita degli ordini professionali o da qualunque contesto rappresentativo della nostra società. Siamo stati da sempre trascurati in quanto “isole”, in quanto “lobby di isole” ognuno spinto alla massima competitività ed avvezzi alle “guerre tra poveri” tra ingegneri burocrati ed ingegneri liberi professionisti anche essi espressione anomale di una terra dove “libero professionista” significa soltanto lavorare con “l’ente pubblico”. Occorre quindi pretendere il giusto rispetto per la professione dell’Ingegnere.