Caserta 2014 … ciò che mi resta del 59° Congresso degli Ingegneri

BxUdlbpCYAAcb73 E’ stato il Congresso dei Filosofi, non solo quei colleghi “ingegneri” che giornalmente fanno “filosofia” distraendosi dal mondo reale (in questo caso quelli della categoria), ma dei filosofi veri, Silvano Tagliagambe e Umberto Galimberti i quali come da prassi e da mestiere, ci hanno lasciato al termine di interventi molto belli ed intensi, con delle domande.

In realtà, mi aspettavo da un Congresso delle risposte e non aumentare il numero delle domande che giornalmente ci assillano, ma non voglio passare per disfattista e vi dirò di più, avere delle domande da farsi e sintomo di vitalità, non di grande energia “cinetica-mentale” ma di speranzoso movimento di quella linea spesso piatta, che rappresenta l’elettroencefalogramma della categoria degli ingegneri, vispa in iniziative individuali, quasi nulla ad ora dell’agire come collettività.

Così Tagliagambe citando un famoso “collega”, Leonardo da Vinci, nelle sue considerazioni sull’arco nelle costruzioni, ci ha ricordato che dalla somma di due debolezze, può venirne fuori una grande forza. Questo se applicato al nostro interno sarebbe un grandioso e vincente principio rivoluzionario. Mi spiego meglio. Ho conosciuto anche in queste occasioni un proliferare di sigle, di tavoli di lavoro, di poltrone continuamente impegnate nell’acquisire un pennacchio ed una visibilità ai tavoli del potere …….. ma visibilità per chi?

Quanti Ingegneri sanno dell’esistenza di un Consiglio Nazionale? Mi auguro almeno per gli iscritti all’Ordine, il 100%. Ma quanti di questi sanno il numero e soprattutto il nome di questo “governo della professione (libera)”? Ve lo dico io, prima che vi affanniate, costoro sono in 15 e la rappresentanza 2011-2016 è composta da Armando Zambrano (Presidente), Fabio Bonfà, Gianni Massa, Riccardo Pellegatta, Michele Lapenna, Giovanni Cardinale, Gaetano Fede, Andrea Gianasso, Hansjörg Letzner, Ania Lopez (rappres. dei triennali), Massimo Mariani, Angelo Masi, Nicola Monda, Raffaele Solustri, Angelo Valsecchi.

Premetto che a differenza del sottoscritto e di tutti i Consiglieri degli Ordini Provinciali che svolgono la loro attività gratuitamente, i Consiglieri CNI sono ben stipendiati e non mi scandalizzo, poichè non credo nel volontariato specialmente per coloro che devono dedicare interamente il loro tempo alla carica, rinunciando (almeno riducendo) gli spazi per la loro professione. E quando si è davanti a gente esperta e di un certo carisma, il tutto non fa una piega, cosa diversa sarebbe per chi pensa di sopperire ad una crisi professionale, creandosi un impiego in tal senso (ma pur conoscendo poco i nostri rappresentanti mi sento di dire che così non è).

Date queste informazioni, la cosa che mi ha lasciato speranzoso e che finalmente ho sentito due dei nostri quindici Consiglieri Nazionali, Massa (vice pres.) e La Penna (tesoriere), prendere consapevolezza del fatto che sempre più il Consiglio rappresenti gli “Ordini” ma non gli Ingegneri visto che sono sempre meno coloro che si iscrivono e sempre di più quelli che se ne vanno.

Ecco che strutture come il “Centro Studi”, la “Alta Scuola di Formazione” , le “Consulte”, il “Coordinamento delle Professioni”, i vari tavoli paritetici, le varie bozze di “codici deontologici”, non riescono a comunicare nel giusto modo agli Ingegneri, l’importanza e la necessità di una appartenenza ad una “casa comune”.

Forse l’intervento da alcuni pensato fuori contesto di Michela Murgia (scrittrice) rischia di passare come uno dei più importanti ascoltato. L’importanza della narrazione, il saper narrare non solo di una attività ma di una tradizione che via, via consegnandosi nelle mani di una burocratizzazione degli organismi di governo interno e che ha perso memoria della natura di “professione intellettuale” che sta alla base del nostro essere ingegneri.

C’è voluto un intervento di una semplicità estrema di Pierluigi Zappacosta (Co-Fondatore della Logitec e non solo) il quale ha avuto l’onestà di dire che il re è nudo :”Siamo una cultura vecchia, antica … Una società molto rigida e ciò non aiuta il cambiamento …… è difficile, qualsiasi cambiamento  che vuole far perdere situazioni e posizioni di privilegio, ……. ma il mondo cambia”  …… Un Grande costui!

Abbiamo svenduto tutto al mercato, e finiremo per soccombere dello stesso mercato, quando questa rivoluzione si autodistruggerà come ipotizzato da Galimberti.

Lo dico da anni, il nostro rimarrà solo un Ordine di “poveri” liberi professionisti, gli altri, i “professionisti dipendenti” pubblici e privati, i professori, gli impenditori, gli ingegneri operatori di aziende o manager, se ne avranno forza e volontà, si riconosceranno in altri contenitori o continueranno a chiudersi al dialogo creando “torri” autoreferenziate.

Ecco che ritorna il filosofo, tutte queste “debolezze” che sommate avrebbero potuto creare una sola grande “forza”, avranno perso o meglio continueranno a perdere grandi occasioni a scapito di pochi (sempre meno) colleghi “pennacchiati e burocraticizzati” che dietro la porta delle stanze del potere utilizzeranno le loro referenze per risolvere situazioni personali.

Tolti i filosofi quindi personalmente cosa mi è rimasto? La visione di tanti interventi di “mestiere” di un circo mediatico professionale che si ripropone in tali eventi e tanti sgomitamenti per guadagnare le prime file il tutto pericolosamente accompagnato da “anagraficamente giovani” ma come si dice dalle nostre parti, “con il vecchio dentro”, accompagnati con la mano sulla spalla, dagli “anziani” che sperano attraverso loro di perpetrarsi ……. Nei secoli dei secoli.

Speranze? Tra due anni ….. tutti a casa! Ma chi saranno i sostituti, i “giovani-vecchi” o i “vecchi giovani”? Vedremo, è adesso che si gioca la sorte della nostra professione.

Per conto mio, continuerò ad insistere sul concetto del “credo in un unico ingegnere” nelle sue varie peculiarità e continuerò a scriverlo e a dirlo in ogni occasione, per il resto non penso che da solo possa fare altro ……… non più, purtroppo “giovane vecchio” di contro non ancora “vecchio giovane”, rimango a “carico di Papà” con il rischio di passare come il “figlio stravagante e ribelle” e fino a questo momento, “Papà …….. non vuole!”

Un abbraccio e coraggio …..